venerdì, Aprile 26, 2024
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GIUSTIZIA E LIBERTA’. Due parole e una sola idea che ho visto splendere solo nel sacrificio

UNA CONVERSAZIONE CON GIOVANNI CATTANI

Cattani, quella volta, iniziò l’incontro [dicembre 1994, n.d.r.] con una valutazione del Governo Berlusconi che, con l’annunciata sfiducia della Lega Nord, stava per entrare in crisi… “….ma neanche Mussolini era fatto in quel modo, era un dittatore, però certi confini li rispettava.

… Aveva fatto il tribunale speciale per la difesa dello stato fascista, ma nelle cose di ordinaria amministrazione non è mai intervenuto a fermare l’azione dei giudici. Quanto a sè poi, con tutti i difetti che aveva, non lo si è mai potuto accusare di aver preso su niente.
Gli avevano offerto il castello delle Caminate e siccome gli avevano detto che faceva bene l’aria del paese dove si è nati, ci teneva a stare là; per “sfiorarsi” andava a Riccione, ma non si era fatto la villa in Tunisia.
Questi poi son quelli che amano la democrazia, perchè Craxi, quella gente lì, ce l’avevano coi comunisti, perchè loro erano democratici. Hanno dato spazio a gente come Berlusconi, voglio sapere come si fa a fare Cavaliere del lavoro una testa così.
E’ uno vuoto, abile in quelle furberie da presentatore – ha cominciato la carriera in un night club di Rimini – oggi è pieno di debiti, è passato in politica per rimediare la propria situazione economica e si presenta come il salvatore della patria, con quell’arroganza… figurati se gli uomini politici esteri che hanno avuto a che fare con lui non l’hanno battezzato subito, perchè è uno che si fa presto a battezzarlo.
Facciamo la figuraccia solita degli italiani che fanno gli avventurieri.
Giustizia e Libertà è proprio il contrario esatto di tutte queste cose.
E’ nata all’estero sotto la direzione di Carlo Rosselli. Prima Giustizia che Libertà, questo in polemica con Croce, che anche dopo, nel ’45, ha sempre sbraitato: “O libertà o giustizia, ma tutte e due sono cose che non stanno insieme”.
Salvatorelli gli rispose che una volta tanto gli consentisse di stare coi Poeti che avevano cantato giustizia e libertà.
Giustizia prima di libertà.
Rosselli e tutta quanta la sinistra democratica riconoscevano il grave torto dei sedicenti liberali – non solo dei liberali nazionalisti di Salandra, ma anche dei liberali giolittiani – che col fascismo hanno fornicato fino a che non si è arrivati alla dittatura.
Il senatore Croce, anche all’indomani del delitto Matteotti, diede infatti il voto favorevole al governo, perchè non era il momento per passare alla democrazia. Temevano come al solito – come nel ’22 quando c’era stata la marcia su Roma – una spinta a sinistra troppo forte da parte della reazione antifascista.
“Il fascismo” disse Croce “possiamo sempre mandarlo a casa quando vogliamo, perché sta a noi”.
Nel ’24 Mussolini fece il listone coi liberali, comprendendo anche Croce e nel gennaio del ’25, pochi mesi dopo, quando Croce e Giolitti passarono all’opposizione i liberali erano montati tutti sul carro fascista.
Loro si erano iscritti al fascio e i due non avevano più la massa di manovra per fare l’opposizione a Mussolini.
Si erano fatti scappare il treno e allora, siccome chi ci ha preso di mezzo è stata la democrazia, si era persa quell’apertura che doveva portare la povera gente a una diversa situazione.
La promessa fatta loro durante la guerra, a quei poveri meridionali ai quali sulle Alpi era stata promessa la terra ai contadini, era stata tradita.
Avevano promesso tutto ….. Poi, dopo, Mussolini, quando andò dal re il 31 ottobre – perché doveva essere Salandra a formare il nuovo governo secondo il patto fatto da Mussolini – e s’accorse che la frittata era fatta bene e non c’era pericolo, da Milano disse: “il presidente del Consiglio lo faccio io” e si mangiò la parola con Salandra. Aveva detto che voleva tre o quattro ministeri per i suoi….. viceversa volle essere il Presidente del Consiglio e gli lasciarono fare tutto. I liberali di sinistra, i giolittiani furono accantonati col tre gennaio. Ma quando lui andò dal re, presentò il suo movimento sulla base di quel che aveva detto nel ’19, quando c’era il movimento dei fasci, che era l’Italia di Vittorio Veneto che lui voleva rivendicare, l’Italia di chi aveva combattuto e sofferto, di chi ci aveva rimesso, e invece nel ’22 era l’Italia dei “pescecani”, come li chiamavano loro, che aveva portato al governo. Con l’oc-cupazione delle fabbriche del ’20 Mussolini, che aveva l’orecchio fino, si accorse che al potere da sinistra non ci andava, dopo che Giolitti era riuscito a reprimere l’occupazione delle fabbriche.
Nenni, il direttore d’orchestra Arturo Toscanini …. erano tutti nel movimento del ‘l9.
Qui a Faenza un antifascista come Enrico Golfieri era il corrispondente de “Il Popolo d’Italia” nel ’19.
Mussolini nel ’20, dopo che Giolitti riuscì a reprimere l’occupazione delle fabbriche senza colpo ferire, e qui abbiamo il racconto esatto di Arnaldo Frassati – lo rac-contò nella Stampa del dopoguerra – a Torino. Agnelli ed altri industriali si presenta-rono a Giolitti e dissero che volevano libere le loro fabbriche e Giolitti disse: “Le volete libere? Io telefono subito al reggimento di artiglieria da montagna di stanza a Torino e le faccio bombardare, io non ci mando i poliziotti a farsi ammazzare, ci mando l’esercito. Se volete così io ve le libero subito, però la scelta sta a voi, se invece lasciate fare a me, io ve le dò libere di qui a poco”; aveva capito benissimo. Figurati se si poteva fare la rivoluzione sociale nell’Italia del ’20.
Era da sognatori.
L’ha riconosciuto Terracini e Giancarlo Pajetta l’ho sentito io con le mie orecchie qui a Faenza dire “aveva ragione Turati”.
È nato il fascismo che nessuno ci pensava. Nessuno ha dato importanza al fascismo: era robetta. Te ne accorgi in un paese come il nostro; con una classe media – guarda oggi – che ti manda su un Berlusconi. Ma c ‘e da vergognarsi, un uomo di quel genere lì che va a rappresentare l’Italia all’estero, che va a parlare con gli statisti stranieri, ma vuoi che non lo prendano in giro? Chissà quanto hanno riso. Poi se solo hanno riso andiam bene.
Il ceto medio è sempre stato il problema della politica italiana, la paura qui da noi è sempre stata quella del comunismo, come se fossimo nel ’45.
E poi anche allora io non ho mai avuto paura del comunismo, non perchè io sia comunista, ma perchè come fai a credere che possa nascere una rivoluzione “contro” sotto il comando anglo-americano?
Ma erano disposti a fare la guerra, lo sapeva anche Stalin. Stalin che non sarebbe mai venuto in Italia, e anche quando Tito si è ribellato nessuno è andato in Jugoslavia. Stalin non poteva più muovere un dito, quel che poteva prendere l’aveva già preso, gli accordi di Yalta non si toccavano, non si andava oltre. Invece ho sempre avuto paura della rinascita fascista.
In molti posti ho visto restare il fascismo. In molte riunioni di associazioni venivano dall’Italia meridionale dei generali, o altri personaggi simili e si parlava solo di nostalgia fascista. Ed è per tutto questo che quando è nato il movimento fatto da Rosselli prima della libertà c’era la giustizia.
Nel paese ci voleva un po’ di giustizia, economica anche, come era stato promesso nella guerra del ’15-18 al fronte, quando Salvemini faceva la propaganda in trincea, dopo aver combattuto in trincea e non essere riuscito a durare perchè aveva più di cinquanta anni. Aveva fatto qualche mese di trincea da soldato senza prendere incarichi da ufficiale e dopo fece il propagandista.
Coi suoi meridionali parlava familiarmente e gli hanno sempre voluto bene. Quando è tornato nel ’19 uno dei suoi di Molfetta gli ha detto: “tu non ci hai mai traditi”.
Salvemini nel ’22 – lo racconta Ernesto Rossi – quando seppe del discorso di Mussolini alla Camera “potrei trasformare quest’aula sordida e grigia in un bivacco di manipoli”… (che poi non era vero perchè il re allora non glielo avrebbe permesso allora), si tolse il cappello a pan di zucchero e se lo mise sotto i piedi indignato che non ci fosse stato nessuno dei deputati che lo avesse affrontato per queste parole che diceva.
Tra i nostri deputati nessuno aprì bocca.
Da parte di Croce fu un grave errore. Croce non era un bambino, aveva più anni di Salvemini – era nato nel 1866 – marciava verso i sessanta, e anche Giolitti: fu lui nel ’20 (prima di Bonomi … no … prima Bonomi poi lui) a dare l’ordine all’esercito di portare i camion alle squadre fasciste, e alla polizia di arrivare dopo e di raccogliere i malcapitati bastonati dai fascisti.
La paura della sinistra era forte perfino in un Giolitti che non aveva avuto paura da giovane. Ma l’aver risolto in maniera civile l’occupazione delle fabbriche aveva creato il livore della borghesia, che voleva le maniere forti, voleva far vedere che aveva la forza di tenere in sicurezza le teste calde della sinistra.
E invece l’opera di Giolitti è stata civile, anche se subdola, nell’appoggiare i fascisti.
Croce aveva detto: “Mi parlavano di Mussolini come di un popolano amante della patria”.
Il 6 ottobre c’era stato il congresso fascista a Napoli e anche Croce era andato al San Carlo. Gli avevano chiesto se voleva conoscere Mussolini e Croce aveva risposto di no. Culturalmente Croce era un aristocratico e non voleva aver rapporti con la gente che non capiva secondo lui, con persone che non avevano una preparazione.
Mussolini aveva partecipato da giovane a quell’effervescenza di Soffici, Papini, tutto quel vitalismo sulla base del dannunzianesimo di inizio secolo, aveva letto Sorel, ma non aveva mai letto niente di Marx. Croce, che non è mai stato un maestro proprio perchè non ha mai saputo mettersi alla pari di quelli che stavano sotto di lui, parlava volentieri con quelli che erano del suo livello culturale.
Era come i suoi libri che sono per chi ha una preparazione.
Salvemini, invece, era un maestro perchè era in grado di parlare a gente che aveva poca preparazione; li avvicinava e stava al loro livello.
Croce non avrebbe scritto 60 volumi se fosse stato fatto così, avrebbe perduto più tempo, come ne ha perduto Salvemini che si prendeva anche del moralista. Figurati se voleva fare del moralismo. In lui c’era questo bisogno di partecipare a una povera Italia che aveva bisogno di essere tirata su. Salvemini è stato maestro di tre o quattro generazioni di Italiani, è stato un uomo che ha lavorato sodo.
Ernesto Rossi ha scritto: “È stato Salvemini a salvarmi dal fascismo”. Lui nel ’19 non montò su come tutti gli ex combattenti di sinistra che vedevano volentieri l’Italia della guerra prendere posizione in campo politico.
Salvemini aveva aperto gli occhi a Ernesto Rossi. L’opera di Croce ha una sua validità ancora, quella di Salvemini ha validità per farci capire le radici da cui veniamo, come lo riconosceva Ernesto Rossi. Oggi non so se resta gran che, ma quando Giustizia e Libertà è nata, all’estero, in Italia ha trovato consenziente tutto il ceto liberale che si formava su “La Critica” di Croce.
C’erano diverse provenienze di stampo liberale, repubblicano e di ascendenza socialista, e quando si sono messi insieme per fare il partito sono state fatte le squadre d’azione antitedesche e antifasciste in Piemonte.
Giustizia e Libertà è stato l’unico movimento che ha organizzato i partigiani in Piemonte.
Anche qui a Faenza arrivava “Giustizia e Libertà”. Mi diceva l’avvocato Domenico Silvestrini che i fascicoli che arrivavano dal Partito venivano nascosti in un’edizione in folio di San Girolamo – lascito di un convento, quando i conventi nel 1860 vennero requisiti – andata distrutta con il crollo della sala grande della Biblioteca Comunale.
Era a destra entrando. Quando arrivavano i fascicoli venivano messi dentro uno dei volumi. Era un modo di comunicare senza tenere in casa carte che scottavano. Io allora stavo a Bologna, ero al quarto anno di università ed ero supplente al Righi su un corso e mezzo.
Giustizia e Libertà allora è stato il movimento clandestino che ha affiancato la parte liberal democratica al movimento clandestino comunista, che però è andato oltre, perchè organizzava gli operai.
E c’era un’organizzazione che poi si è vista quando è scoppiata la rivolta contro i tedeschi: i comunisti erano organizzati.
Per i socialisti aveva ragione Pertini quando, tenuto nelle carceri, diceva che tutte le volte che arrivava un nuovo prigioniero sperava sempre che fosse un socialista, e invece era sempre un comunista.
L’avvocato Silvestrini era un ottimo crociano antifascista, per parlare, ma per prendere accordi, per fare un’organizzazione no. Anche dopo, quando le cose erano risolte da questo punto di vista ed essere antifascisti non era più un guaio. Dopo la guerra mi trovavo a Cesena, dove mi diedero l’incarico di formare la consulta.
C’era allora un’organizzazione per la libertà della cultura in Italia e mi rivolsi all’avv. Silvestrini per farla anche a Faenza, perchè io non ero in nessun partito, non aspettai neanche che finisse il Partito d’Azione, diedi le dimissioni due o tre mesi prima e non mi iscrissi a nessun altro partito.
Ho partecipato di nuovo con Unità Popolare, che raccoglieva ex socialisti ed ex repubblicani.
Dopo, pensando che La Malfa fosse uno che dava garanzia, mi sono iscritto al Partito Repubblicano.
La Malfa veniva qui e faceva dei discorsi infuocati contro Malagodi: i più bei discorsi dicevamo io e Bobbato che avessimo sentito sulla Piazza di Faenza. Invece poi lui, ex segretario di Amendola, portò il partito repubblicano dall’Internazionale socialista a sedere a destra dei D.C nell’Internazionale liberale.
La Malfa era un uomo da rispettare, perchè era un sincero antifascista, però voleva un partito tutto suo, per far quel che voleva.
Il Partito repubblicano gli ha aperto le porte e lui a sua volta ha aperto le porte a Spadolini, che era tra i fondatori della rivista “Il Borghese”. Quando Spadolini è stato direttore del “Corriere” e poi del “Carlino” era in posizioni di destra, perchè non c’è dubbio che avesse le forme dei seguaci della borghesia.
Spadolini ha sempre parlato di cose che a me stanno a cuore: Gobetti, Salvemini, ma quando ne parlava lui a me veniva freddo perchè l’anima di questa gente non c’era più. C’era lui, una brava persona, ottimo professore, ma siamo lontani da quelli che lui ricordava come suoi maestri, perchè prima aveva avuto altri maestri. Ugo La Malfa ha sempre fatto quel che ha voluto nel Partito Repubblicano, come quello di portarlo nell’Internazionale liberale, a fianco di Malagodi, di cui diceva corna in piazza. Mi diceva l’avvocato Cifarelli, avvocato repubblicano che sostituì Salvato-relli alla presidenza dell’Associazione Mazziniana, che erano entrati nell’Internazionale liberale, ma avevano fatto lui vice presidente … Questa si che era una bella conquista! (Salvatorelli era aperto alla democrazia del Risorgimento, mentre Croce è sempre stato assai duro con la democrazia. La corrente Neo-Guelfa è quella che lui ha rivendicato per nobiltà di studi.).
Quel che mi fa impressione è che un Craxi l’abbia data da bere ai grandi del socialismo, quindi quelli che erano i difensori della democrazia in Italia si son fatti giocare …… se erano in buona fede.
Quando venne a Faenza non andai a teatro, ma nella sala consiliare, dove c’era modo di seguire il discorso con la televisione. Sentii bene che uomo era: è un boss, con la testa di un boss ed è diventato segretario del partito socialista: questo ti dice tutto.
Io ricordo che i socialisti – qualcuno è stato con me nel Partito d’Azione – prima sbraitavano che bisognava stare coi comunisti, poi sono diventati anticomunisti e craxiani. Io dicevo: “Beh, qui come mettiamo d’accordo le cose?” Guglielmo Bertoni è stato con me nel Partito d’Azione, io ero in confidenza con lui e gliene parlai.
Non posso ammettere che un socialista possa prendere una cotta per Craxi, un uomo che non l’ha mica mandato a dire, ha sempre detto quello che era …. Nel partito socialista c’è solo lui, ma basterebbe questo!, tutti gli altri sono in mala fede, imbecilli, cretini. Che socialismo è questo?
Nel partito di Claudio Treves, Turati, Mondolfo, Andrea Costa …. salta fuori un Craxi, allora siamo ridotti a peggio del ’22, perchè è questo il punto: il livello in Italia è peggio adesso che nel ’22.
Giustizia e Libertà era un movimento di gente che ha pagato di persona e non erano degli sprovveduti: Carlo Rosselli e suo fratello Nello.
Quest’ultimo stava in Italia ed era sotto l’egida di Gioacchino Volpe. Una volta tardò a rientrare in Italia e Mussolini inquieto scrisse una lettera a Volpe: “Io vi ho lasciato fare e vedete vi ha tradito”, e Volpe a difenderlo.
Volpe era fascista, però dove c’era dell’ingegno cercava di salvarli.
Anche il nostro Dal Pane è vissuto all’ombra di Volpe. Anche Gentile si è prestato a salvare i suoi, per esempio Guido Calogero. Volpe sapeva benissimo che Nello Rosselli non era un brillante fascista, però lo stimava per le opere che aveva fatto sulla lotta a sinistra nel Risorgimento e lo aveva aiutato a pubblicarle.
Studi che erano un po’ fuori mano rispetto alla guida Crociana e di Omodeo. Tutte roba che se prendi anche Il Risorgimento di Omodeo è guardata fuggevolmente, perché è verissimo che dal punto di vista culturale la democrazia nel Risorgimento non ha la consistenza del movimento Neo-Guelfo, però è stata gente che si è posta per una strada che dopo è stata addirittura chiusa, ma c’era la buona fede.
So anch’io che l’opera che lascia un Guerrazzi è ben poca cosa … Ancora ….. “il secolo che muore” …..
Chi aderì a questo movimento? Il movimento fu fatto su iniziativa dei fratelli Rosselli all’estero.
Nacque sotto la guida dei Rosselli, ma c’è sotto tutto l’antifascismo italiano che aveva sede in Francia, Inghilterra e America. Salvemini era in America, però era il padre spirituale di queste cose.
Dunque in quel movimento c’era prima la giustizia della libertà. Pur essendo fondamentale richiamarsi alla libertà in quel momento, proprio in funzione polemica con quelli che la libertà dovevano difendere.
Ma se non la difendono i liberali la li-bertà, chi la deve difendere? E invece son stati loro a tradirla.
Perchè questo è il punto: il fascismo ha fatto massa con i liberali. Mussolini aveva trenta deputati quando è andato in Parlamento e dopo, quando ha fatto il listone del ’24, ha avuto più di trecento posti. Erano i posti dei liberali che hanno fatto finta di non capire … anche Giolitti.
Quindi Giustizia e Libertà.
Come si mettono d’ accordo concettualmente le due cose?
Nel liberal socialismo di Calogero e Capitini. Due uomini così diversi e così uniti, perchè Capitini è uomo di fede religiosa laica, non cattolica e neanche cristiana, perchè diceva che una religione non può trarre la propria fede da un uomo. Lui e Calogero sono i teorici del liberal-socialismo che è stato la spina dorsale del Partito d’Azione dopo il socialismo liberale di Rosselli.
Liberal socialismo perché si cercava proprio, come nell’ unione dei due termini, di unire le due cose: libertà e giustizia (socialismo). Quello è stato il modo concreto di creare il movimento politico dopo il ’42.
Fino al ’40 arrivavano i quaderni di Giustizia e Libertà, dopo si ha il movimento clandestino che porta al liberal-socialismo di Guido Calogero e Aldo Capitini come spina dorsale del movimento culturale. E in tutte le città – dell’ Italia meridionale non so niente – da Roma in su c ‘è molta attività.
A Roma protagonista è La Malfa, a Milano c’è Parri. Nel ‘ 43, l’otto settembre, c’ è una regione intera, il Piemonte, che riesce a creare un movimento parti-giano autonomo rispetto alle altre regioni. Nelle altre zone le brigate “Garibaldi” sono accaparrate dai comunisti, ma con tutta ragione.
Quei giovani che van su e non sono iscritti a nessun partito sentono volentieri la propaganda comunista.
Quali persone aderirono?
Soprattutto artigiani, pochissima gente di campagna, qualche figlio di benestante antifascista che dopo è rientrato nei ranghi.
Da parte repubblicana c’erano uomini come Nediani, che hanno pagato di persona al ritorno del fascismo repubblichino e sono andati in galera, ma non hanno saputo fare niente.
C’era uno di Ravenna che io ho conosciuto: Arnaldo Guerrini, che è stato in galera a Ravenna – e il cui genero è stato sindaco di Ravenna – molti anni fa. Era un uomo diverso, era insieme con Antonio Piani, avevano la stessa rappresentanza (bilance o vini pregiati non ricordo). Piani era un brav’uomo, ma non c’era da contarci molto sopra. Era molto impressivo, Guerrini invece era un uomo di vecchio stampo romagnolo, di quegli omacci che sanno fare a tenere botta.
Nel partito repubblicano si sono sempre distinti quelli risucchiati dalla borghesia e quelli invece che anche allora stavano più volentieri coi comunisti ed erano dispostissimi ad agire alla maniera comunista: le due anime. Poi c’erano ancora quelli del tempo della guerra che avevano seguito Mussolini, perchè era stato favorevole alla guerra. Erano contro lo spirito del socialismo italiano, un socialismo che è stato il meno pronto a recepire il linguaggio del socialismo internazionale.
I tedeschi sono stati con la guerra, i francesi altrettanto mentre gli italiani sono stati i più fermi nei principi.
Soltanto nel ’17, dopo Caporetto, Turati disse: “Adesso la casa di ogni socialista è sul Piave”. Fu il suo modo di parteipare come dirigente socialista alla situazione grave.
Questo non gli è mai stato riconosciuto, ma ha avuto un peso enorme la funzione dei dirigenti socialisti dopo la disfatta.
Giustizia e Libertà è stata un crogiuolo anche per chi come me, studente universitario, sentiva il desiderio di stare al corrente di quel che stava avvenendo.
Io avevo già rapporti con le “chiacchiere” del movimento repubblicano.
Ci si trovava di domenica in spiaggia e poi dopo alla villa delle Case Grandi (dai Ferniani, Cencino), ma non si combinava niente. C’era l’unico vantaggio di sentirsi non isolati, si sentiva che c’era della gente che la pensava come te.
Si facevano degli incontri romagnoli di tutti sulla spiaggia in primavera, ma era roba così innocua che non dava nell’occhio vedere venti o trenta persone in spiaggia quando non c’era nessuno.
Io debbo molto a Enrico Golfieri.
Io ero un ragazzo, per giunta in prima ginnasiale mi avevano iscritto agli avanguardisti, ma debbo a Enrico Golfieri che ha avuto fiducia in me fin dalla Vª ginnasiale.
Mio zio materno era un ex repubb1icano, siccome ero andato bene a scuola volle regalarmi 1’edizione nazionale delle opere di Mazzini e mi portò da Enrico Golfieri, che poi ha fatto 1′ indice dei primi cento volumi.
Enrico Golfieri era cugino di Ennio Golfieri e padre di Oberdan Golfieri. Avrei voluto che tutta la documentazione che Oberdan aveva e che era stata raccolta da suo padre venisse a Faenza, perchè è importante. Io ho avuto quella della figlia di Golfieri, che stava a Brisighella, e aveva una parte dei libri del padre, quelli che Oberdan non aveva preso, perchè non li credeva importanti e invece secondo me avevano una certa importanza, tant’è vero che la parte più interessante l’ho data alla biblioteca del Partito repubblicano, che si è arricchita anche della biblioteca di altri protagonisti del Risorgimento in Romagna.
Siccome questa biblioteca si è arricchita di tradizioni romagnole e faentine ho ritenuto opportuno far convergere lì anche i libri di Golfieri.
Avevo dato qualcosa anche al Pci, però durante una pulizia di Pasqua le donne hanno buttato via tutto. Era carta vecchia e l’han distrutta proprio. Gente che stimavo, con tutto che c’era Ghirardini, un pignolo nel conservare le cose. Allora ho dato alla biblioteca del P.R.I., perchè la biblioteca comunale è piena zeppa, non hanno posto.
Le memorie locali del Risorgimento le convoglio al P.R.I. anche perchè spero che oggi non ci sia più la dittatura di Giorgio La Malfa, che non è la testa di suo padre.
Ho sentito l’altra sera una repubblicana fare un discorso contro Berlusconi che mi è piaciuto molto.
Spero che adesso un po’ alla volta – poichè si definivano di centro – non abbiano più nessuna preoccupazione a passare a sinistra. Libero Gualtieri ha già fatto il salto, io spero che anche questi, quelli che meritano rispetto, passino dov’è il loro luogo naturale.
Giustizia e I.ibertà, da movimento culturale è diventato con la Resistenza un movimento politico che però ha preso il nome di Partito d’Azione proprio perchè non sapeva come connotarsi meglio.
Finita la Resistenza, nel giro di due mesi si è disfatto tutto.
Un po’ la critica rovente da Togliatti ai repubblicani e ai socialisti compresi: tutti addosso a questo partitino che aveva dei grandi generali e pochi soldati.
Però è stata un guaio la fine di quel partitino, perchè qui a Faenza vi si erano iscritti diversi uomini del ceto medio: professionisti che poi si sono dispersi, ma non si sono dispersi a sinistra, si sono dispersi a destra.
Se fosse rimasto quel partitino per noblesse oblige restavano lì.
Purtroppo la tradizione antifascista si è perduta.
Si è fatto il motto antifascista e l’associazione antifascista, quando ormai era difficile riprendere le fila.
Poi alla fine si è fatto un direttorio per le decisioni rapide, per le manifestazioni del 25 aprile.
Come associazione io c’ero, poi non ha più funzionato. Io c’ero a nome non di uno schieramento, ma a titolo personale; mi avevano invitato, ma da un bel momento non ho ricevuto più nessuno invito.
Si sono ridotti a fare le solite manifestazioni per il 25 aprile quando era il momento di tenere più duro, perchè si vedeva come andava a finire e adesso parlare del Partito d’Azione è come parlare di un morto resuscitato.
La tradizione si è perduta completamente, ma certo allora c’era qualcosa di quella tradizione per chi non si sentiva figlio di Marx e non si sentiva di aderire ai principi del socialismo come si presentava allora.
Poi faceva un certo senso il socialismo democratico di Saragat, alimentato dagli americani, perchè questa purtroppo era la situazione.
Io mi son ritrovato con parecchi dei miei compagni, non qui localmente ma in campo regionale, quando è stato il momento di Unità Popolare.
Dopo Unità Popolare quasi tutti sono passati al socialismo, qualcuno al comunismo.
A Faenza per la verità anche alla D.C., ma uno solo che ormai non aveva più nessun legame con le sue origini.
La D.C. credo sia stata quella che ha preso su meno dal Partito d’Azione, da noi non ci sono stati sbandamenti.
Certo quella scuola è stata importante per chi allora fra il ‘ 37 e il ’45 aveva fra i venti e i ventisette anni.
Io ho conosciuto già allora chi era comunista: Cucchi e Magnani, quelli che si allontanarono dal P.C.I. dopo il viaggio in Russia, perchè si accorsero che roba era.
Magnani è stato l’unico mio “amico per la pelle” che mi sono fatto all’università.
Era già dottore in Scienze economiche e si era iscritto a Filosofia.
Era di Reggio e cugino della Iotti, era una testa eccezionale, ma purtroppo è già morto.
Dopo la guerra, nel ’49 mi trovavo a Roma per i concorsi e li incontrai casualmente al cinema: si fa luce e mi trovo seduto dietro a Cucchi e Magnani.
Cucchi era già docente in medicina legale all’Università di Bologna.
Fu lui a guidare il fermento di Via Lame contro i tedeschi. Era un uomo d’azione.
Quando sono tornato ferito, apro una vetrina all’ospedale Maggiore e giù in fondo vidi Cucchi col camice bianco – non ricordo gli altri – che mi fece il saluto col pugno chiuso.
Era il più rappresentativo dell’antifascismo di Bologna. Magnani e Cucchi furon cacciati dal Partito da Togliatti e chiamati “due pidocchi che possono anche essere nelle criniere di un nobile animale”. E finì così la loro protesta. Poi Magnani tornò nel partito dopo i1 ’56, Cucchi passò ai socialdemocratici.
Avevano da tenere coperte le carte, perchè avevano l’impressione che se si diceva la verità su quello che era il comunismo russo avevano l’impressione che crollasse tutto il castello.
Questa era la preoccupazione pratica.
Magnani era un uomo eccezionale. Tornato nel partito non ebbe più un incarico politico, si fidavano di lui sul piano economico – dirigeva il movimento delle cooperative – ma sul piano politico non ne han più voluto sapere.
Era più giovane di Amendola, ma era già morto quando si arrivò al P.D.S.
Da studente era poverissimo, ho sempre pensato che era il partito a mantenerlo all’Università, perchè c’erano i numeri e questa era la ragione per cui dal partito non ha voluto allontanarsi.
C’era un legame affettivo tra lui e il partito, come da parte di sua cugina, la Iotti. Durante la guerra era già tenente, quando è stato richiamato ed ha combattuto con Tito, disertando dall’esercito italiano.
Era divenuto domestico con Tito.
M’aveva promesso che veniva lui a trovarmi.
In quegli anni mi mandarono il babbo di D’Alema – io credo che fossero loro ad avvisarlo – che mi avvicinò al secondo ingresso dell’università, in via Belmeloro, per farmi la proposta di entrare nel P.C.I., ma io dissi di no.
Non rientrava nel mio modo di vedere.
Per avergli dato il mio nome devono essere stati loro, Cucchi e Magnani.
Io ho capito che avevano degli incarichi non piccoli e non si potevano scoprire.
Cucchi e Magnani venivano da Giustizia e Libertà?
No, credo fossero di ascendenza socialista da parte dei genitori, ma nel ’37 erano già comunisti, io non gliel’ho mai chiesto apertamente Magnani ha fatto l’università spesato da qualcuno.
Era poverissimo e non aveva la possibilità di mantenersi agli studi.
Per giunta faceva un altro quadriennio, si era iscritto con me al I° anno di Storia e Filosofia, sotto Rodolfo Mondolfo.
Quando Mondolfo è dovuto andar via dall’Italia per le leggi razziali, essendo ebreo, andammo a casa suo a salutarlo e Magnani lì ebbe uno scatto che mi confermò nell’idea che lui dovesse già essere legato all’ associazione comunista: “io già uno di questi giorni prendo una bomba”. Disse qualche cosa del genere e Mondolfo rispose: “andate adagio, perchè non si tratta di fare degli atti, è tutta una lunga vicenda che dovrete sopportare”.
Mondolfo avvertì di stare molto attenti. Rodolfo Mondolfo era il filosofo, suo fratello era quello della critica sociale. In fondo poi il padre spirituale di queste cose è stato Salvemini, che era decisamente allora anticomunista, come lo era stato nel ’19.
Quando era in America aveva una gran fiducia in quello che potevano fare i popoli di lingua anglo-sassone, come diceva lui. Ernesto Rossi, anche lui anticomunista in origine, quando ci fu il passaggio di Parri alla sinistra indipendente, lo seguì anche nella creazione della sinistra indipendente, perchè riconosceva che era l’unico modo in Italia per difendere le posizioni democratiche.
Non ci si poteva più fidare dell’ azione del governo. La Democrazia Cristiana, dalla gran paura di non avere in mano tutto è riuscita a scompaginare tutto. Io ricordo quante volte Croce ha ripetuto che il Ministero della Pubblica Istruzione non lo si poteva dare a un cattolico ubbidiente al Vaticano.
Bisognava salvare la laicità della scuola. Altro se ha avuto ragione. Guarda un po’: la Chiesa non lo ha chiesto, ma adesso salta fuori che bisogna dare il contributo per la scuola privata come per la scuola statale.
La scuola statale si regge in piedi sul prin-cipio della libertà di coscienza.
Di là c ‘è la verità cattolica, c’è la negazione della libertà di coscienza.
E così, stando a queste premesse, si poteva chiedere che 1’insegnamento di storia e filosofia fosse tenuto solo da cattolici.
Quella frase del monumento ai caduti della Resistenza l’ho scritta, per la prima volta, nella sede del Partito d’Azione. Era nell’ex palazzo Tampieri, semidistrutto dalla guerra e poi trasformato dalla S.I.P. Ero insieme con Nonni, un affittuario del palazzo che aveva un appartamento al pianterreno, mentre nelle sale in alto c’era la sede del Partito d’Azione.
In quelle sale ho anche invitato Guido Calogero e Federico Comandini di Cesena nel ’45 o nel ’46.
Calogero era legato a Cesena perchè la moglie era di origine cesenate, come del resto la donna di Croce (un’anarchica) a cui Croce era molto legato.
A detta degli amici la sua morte fu per lui un grosso dolore. Poi sposò una piemontese.
Fu lei che seppe tener testa alla squadra fascista che invase Palazzo Filomarino, mentre Croce si trovò sperduto, un uomo che non aveva mai dovuto affrontare alcuna bega pratica. Croce le è rimasto sempre riconoscente per questo.
Chi c’era a Faenza nel Partito d’Azione? Negli anni in cui operò il partito c’era l’ingegner Seglias, Guglielmo Bertoni, che poi divenne socialista, c’era Prelati che poi divenne democratico cristiano.
L’Avvocato Silvestrini seguiva Croce e la sua polemica contro il Partito d’Azione, contro Salvatorelli in particolare, che rivendicava ciò che avevano detto i poeti francesi, Carducci …..
Croce invece diceva che la libertà ha un’origine religiosa attraverso la Riforma Protestante, ma la giustizia viene da un movimento democratico che nasce sul piano contrattualista e non ha l’ ispirazione religiosa da cui si forma la libertà di coscienza.
Quindi bisognava restare fedeli alla libertà di coscienza.
Il fatto è che loro, che restavano fedeli alla libertà di coscienza, col fascismo avevano dato la prova che aveva potuto più la paura del progresso democratico che non la libertà di coscienza.
Salvemini nel ’22 non ha avuto bisogno di aspettare la dittatura per dire corna del fascismo, l’ha sentito subito. E lì la differenza, di qua in Croce c’è la paura dell’estrema democrazia, perché Croce era un liberale, non un democratico.
Ma allora nel dopo Risorgimento non si può capire perchè ci fossero delle preclusioni verso la democrazia, non diciamo la sinistra.
Quella resistenza alla democrazia dell’Italia giolittiana che sì aveva fatto passi in avanti col suffragio universale, ma c’era ancora una guida dall’alto di stampo ottocentesco.
Parri aveva ragione quando alla Camera disse che non era stata vera democrazia quella dell’Italia prima del fascismo, ma Croce gli diede una lezioncina delle sue attraverso il suo volume Storia d’Italia dal 1871 al l914.
Un libro dove la materia storica è trattata come quella di un’autobiografia. Se ne impossessa, lui personalmente come di una cosa sua propria, senza rappresentare una voce dissenziente.
Lì Croce aveva il dente avvelenato, lui uomo della destra storica, ne ha preso su anche tutte le preclusioni. La destra storica è stata una nobile cosa, ma aveva le sue preclusioni.
Quando Croce ha fatto quel libro di storia non doveva parlare solo al fascismo, c’era la voce di tante altre cose: la guerra soprattutto, quei disgraziati di meridionali, pastori mandati a morire sulle Alpi, un paese straniero per loro.
Non meritavano un po’ di giustizia?
Con la promessa ai contadini della terra, a gente che viveva della fame, e poi niente, zero.
Sono cose da farsi?
Te la raccomando la gente per bene; con la testa fascista, sempre.
Croce è già nobile rispetto a tutto il resto, a quel magma vulcanico che è il nostro ceto medio, che proprio ha la testa degli eversori come ce l’ha Berlusconi, che vuol essere tutti, lui li abbraccia tutti … ma la gente … se ci fosse un minimo di comprendonio … ma non battezzi uno così?
Peggio di un paese sudamericano, non credo che ce lo meritiamo.
La scritta sul monumento la prima volta era: “Giustizia e Libertà: democrazia in tutto e per tutti”, poi dopo ho fatto “Giustizia e Libertà due parole una sola idea splendida nel loro sacrificio” per i caduti della Resistenza.
Oggi l’ho aggiornata, direi invece: “Giustizia e Libertà due parole una sola idea che ho visto splendere solo nel sacrificio”, perchè durante la guerra Giustizia e Libertà dalle nostre parti si è vista splendere in quelli che ci hanno lasciato la pelle.
Ci sono state vittime che non erano partigiani, ma disgraziati che i fascisti hanno preso su, che non c’entravano niente col moto partigiano, per farsi delle vendette personali.
E’ successo a …. ammazzato e buttato nell’acqua alle Bocche dei Canali, per una vendetta privata. Anche quello lì ci ha lasciato la pelle per colpa dei mascalzoni.
Io non sono di quelli che dicono che una persona come lui non è un caduto della Resistenza. Lo è a tutti i diritti.
Quando lo dissi ai comunisti di avere fatto quella frase non ebbero niente da ridire.
Anche per loro come per gli altri era la luce.
Giustizia e Libertà, così come l’aveva indicata Rosselli per tutti, anche per chi era comunista.
Anche Nino Russo era nel movimento?
Sì, fu lui che fece fallire tutto, lui che ha preso la responsabilità, perchè lui andò nel partito socialista, mentre Parri e La Malfa prima rimasero fuori un po’ di tempo, poi passarono al P.R.I, ma Parri già il 25 aprile del ’49 scrisse su “La Voce Repubblicana” un articolo, che ho tenuto da conto, in cui faceva vedere quello che stava succedendo: questa gente che doveva difendere la democrazia invece era orchestrata sul piano del fascismo e l’America li aiutava allora in quel senso.
Adesso non c’è più il bisogno dell’America. Perfino l’America non fa più la questione dell’anticomunismo, ma noi la facciamo. Purtroppo è il nostro destino di non uscire mai fuori delle preclusioni del ceto medio: impreparato, incolto e ingordo, perchè vuole tutto, perchè vuol essere sicuro che nessuno gli porti via il facile guadagno.
Quando penso che si è data una patente di cavaliere del lavoro a Berlusconi. Gli do-vevan dare la patente per l’astuzia a saper seguire le soperchierie …… Come si fa a riconoscergli una testa capace come imprenditore?
Ma quando mai, quando parla si può dire “ecco …. ha ingegno”? Tutta roba frusta.
Lo dice già la sua faccia, quel viso incolore, quel sorriso stereotipato, come si fa a darle da bere con quella roba lì?
Spero che Scalfaro tenga duro, eppure adesso cavarlo di lì, vedrete che fatica!
Perché Scalfaro l’ha già battezzato, anche per i contatti che ha con l’estero: la lira anziché andar giù con la fine di Berlusconi è andata su!
Se la borghesia italiana ha in mente di mandar su Scognamiglio?
Sono preoccupato di quell’operazione perchè non vorrei che Scognamiglio in un secondo tempo si ritirasse e saltasse su di nuovo Berlusconi.
Scalfaro se si fida di Scognamiglio sbaglia.
Bisogna metter su uno come Prodi, come Andreatta, gente che ha un carattere tecnico ben definito e che può avere la stima anche del P.D.S., di tutto il Parlamento, esclusa A.N. e anche parte di Forza Italia.
Certo una parte di Forza Italia bisognerebbe che montasse su. Scognamiglio fa paura, perchè se è legato a Berlusconi, come pare, si può prestare a dei giochi.
Se ci sta diversi mesi, perché se ci sono da fare tutte quelle riforme indispensabili non ci può stare 15 giorni, se dopo ci vuole un altro di Forza Italia si fa sotto Berlusconi, perchè quello ha bisogno della politica per confermare la sua situazione economica che è precaria.
Figurati se molla, poi solo la figuraccia che ci fa, che è poi degna di lui, perchè non gliel’ha fatta fare la sinistra, magari fosse stata la sinistra capace di metterlo in difficoltà e invece ci si e messo da solo con la testa che ha. E invece la protervia .… ignorante come un bastone da pollaio, come diceva Salvemini nella polemica con G.B. Shaw, fabiano, socialista gradualista, ammiratore di Mussolini.
Quando Salvemini andò a Londra, approffitando dell’inglese che aveva imparato dalla moglie inglese di Rosselli, affrontò Shaw e lo stese al tappeto al primo round.
Figurati con la fama che aveva Shaw!
Dopo fu invitato da varie università e infine prese la cittadinanza americana, cosa che Croce gli rinfacciò come un difetto.
Ma Salvemini era fuggito dal carcere delle Murate alle 2 di notte e fu portato alla casa dei Rosselli, dove, quando si seppe, ci fu l’assalto fascista.
I Rosselli non erano a Firenze – e il giorno dopo andò a Napoli dalla figlia di Ferdinando Martini, ex ministro delle colonie, liberale, che gli era affezionatissimo.
Era morto Ferdinando Martini, ma la figlia che ricordava come suo babbo lo avesse avuto in pregio, lo ospitò e lui rimase li qualche tempo, poi andò a Firenze, diretto in Francia, ma non si fermò, venne alla stazione Niccolò Rodolico, professore dell’ Università di Firenze, mentre un altro professore, Ermenegildo Pistelli, filofascista e padre scolopio, studioso manzoniano, gli faceva la propaganda contro.
Anche stavolta il Vaticano ha preso una bella cantonata, come al tempo dell’uomo della Provvidenza, solo perché gli han promesso aiuti materiali per la scuola privata; aveva ragione Croce: “Guai se un cattolico va al ministero della Pubblica Istruzione!”.
Come allora col fascismo il guaio nostro è questo: monarchia, esercito, vaticano, potere economico, tutti d’accordo.
Buttiglione vorrebbe poter andare con Forza Italia senza Berlusconi e senza Fini, ma anche senza Berlusconi, fin lì ci arriva a capire che è un disastro, prender su un uomo come Berlusconi. Lo stesso Fini vuoi che possa stimare un uomo come Berlusconi?
E’ che gli fa gioco, perché se non trova uno come Berlusconi un’altra forza in Italia che si porti a casa il fascismo non la trova.
Io spero almeno, perché può darsi ormai che non conosca più il mio ambiente per niente.
Perfino la Lega…. Spero che siano solo 30 o 40 i deputati che se ne vanno, se no siamo messi male e c’è anche il rischio di un Berlusconi bis e adesso sarebbe la rovina, se ce la fa questa volta a rimontare su non lo cavi mica più.
Certo poter riprendere quelle origini là sarebbe una gran cosa.
Se allora il paese fu poco disposto a guardare con simpatia Giustizia e Libertà oggi ……….
Alleanza Democratica credevo avesse una maggiore affermazione e invece avete visto ….
Per fortuna che c’era il P.D.S. Se ci fossero le elezioni domani darei il voto al P.D.S., perché qualsiasi altra cosa non mi dà affidamento.
E’ caduto tutto, i laici che tenevano botta come Calogero dove sono?
Non ci sono più. Mi rifaccio alle cime perché quando ci sono quelle ci sono anche i seguaci.
C’era un giornale per la difesa della scuola democratica, la Scuola di Stato, nel ’46-47 è durato fino agli anni ’50 ma oggi non c’è più.
Un po’ come il movimento per la difesa delle libertà della cultura.
In quella occasione mi rivolsi a Mimo Silvestrini e mi rispose che bisognava ci fossero tutti, compresi i democristiani.
Lui si rivolse a Buda e Buda disse no, perché la libertà era già assicurata in Italia e non c’era bisogno di un’associazione in difesa della libertà della cultura e temevano i comunisti.
Anche lì; se vi racconto tutti i fatti della paura del comunismo…. C’era un ricreatorio laico prima della guerra, fatto dai repubblicani alla fine del secolo (ne era presidente di diritto il sindaco della città) i cui locali vennero occupati dall’Opera Nazionale Balilla.
Nel ’45 c’era il problema di riportarli alle origini. Io mi diedi da fare perché si ricreasse, perché se no c’erano solo le organizzazioni cattoliche, mi fu risposto che si faceva il gioco dei comunisti, che si sarebbero dati da fare.
“Beh – dico – datevi da fare anche voi!” Che roba! Certo che i comunisti si sarebbero dati da fare! E poi? Ho avuto delle prove … quelli che dovevano difendere …. per incapacità, incuria, quieto vivere ….. Ecco perché non sono ottimista.
Questa roba l’ho vissuta nel ’45; allora sembrava che il fascismo fosse buttato via da tutti …. Hai voglia …. Apertamente sì, ma sotto foglia ….. Fortuna che c’è il P.D.S., se non ci fosse quello ci sarebbe da aver paura. E’ l’unico schieramento, chissà che non torni ad avere un po’ di popolarità.
Certo che anche lì ci sono stati degli errori. Ma vedi cosa vuol dire l’amoralismo o l’immoralismo anche di un Gramsci? Di fronte alle forze borghesi l’importante, il “nuovo principe”, è il partito e il partito deve vincere su tutto e avere tutto usando anche sistemi poco puliti.
Ma quello di montare su con quelli di cui devi far la critica …. Ti screditi, come si è screditato il partito comunista nelle fabbriche a Torino e invece han creduto di fare i furbi. C’era questo nella dirigenza del comunismo di non aver tanti scrupoli morali, bisognava far forte il partito in tutti i modi. E’ uno sbaglio enorme, e un guaio perché ha perduto credito; vuoi che da parte della Lega ci debba essere la preclusione di fronte a una forza popolare come il P.C.I.?
Io spero che non ci sia una grossa perdita nella Lega e la posizione di Bossi finisca con l’essere vincente, ma se si frantuma la Lega si va alle elezioni anticipate; senza cambiare la legge elettorale è un guaio, perché non si può fare uno schieramento di 30% o 40% dei voti e se Berlusconi ha ancora una massa di manovra di 20% o 25% di voti resterà vincente.
Si vedrà, certo il paese non dà delle grandi speranze.
Le teste che sento ragionare tra quelli che han votato Forza Italia mi dicevano: “Vedrai che cosa farà Berlusconi!” Guarda cosa ha fatto!
Credono di difendere … non difendono neanche i loro interessi veri, come non li hanno difesi col fascismo, perché nel ’40, nel ’39, quando il fascismo ci ha fatto perdere l’indipendenza – perché non è stata la perdita della guerra, è stata l’alleanza con Hitler, è stato il giorno in cui Mussolini si è messo in braccio a Hitler, anche se noi vincevamo a fianco …. Leali servitori di Hitler; Hitler si era già accapparrato l’Alto Adige.…..
Mi sento fuori gioco, però se ci fosse da andare in piazza e manifestare contro ‘sta roba ci andrei, avrei poco da perdere se mi capitasse qualcosa, anzi può darsi che ci guadagnerei, adesso che comincio a vedere che si va verso la fine”.

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